Come si può dedurre dal titolo, lo spettacolo parla delle donne, in particolare affronta la violenza sulle donne. Parla di storie di donne.... donne merce, donne di guerra, donne in silenzio, donne madri, donne oggetto, donne schiave, donne abbandonate, donne umiliate, donne sfruttate, donne straziate e a volte non ancora donne. Storie da Ciad alla Cecenia, dall'Afganistan a Israele, fin dentro le mura di casa.
Alla domanda del perché della messa in scena di una tematica come quella della violenza sulle donne Michele risponde: «Perché è un tema maledettamente attuale e per me il teatro è esibire, dover raccontare un'esigenza, un bisogno. Il teatro può essere un mezzo per denunciare. Secondo me c'è questa necessità che è una necessità collettiva, che parte da un mio bisogno individuale, che è quello di portare alla luce questo problema e soprattutto portarlo agli occhi dei giovani in modo che i giovani possano prendere coscienza del problema, le ragazze la possibilità di affrontare questo percorso e quindi trovare il coraggio per denunciare a un abuso che può accadere in prima persona ma anche a terze come per esempio a un amica, dare a loro un senso civico del aiutare l'altro, l'altra in questo caso. Questo è il perché».
Oltre a questo, Michele, costretto a scegliere i ragazzi che dovevano esibirsi o no allo spettacolo, ci tiene a parlare dei "No", che potrebbero tornare utili specialmente nella vita da studenti dove spesso si fanno i primi provini della vita, dicendo «Davanti ai "no" non bisogna smettere di lavorare ma continuare per quando si presenterà una prossima occasione. Quindi i "no" non devono essere una ferita al proprio orgoglio ma uno stimolo per fare meglio. Questo vale per il mondo teatrale ma anche per la vita. Il "no" dev'essere una sfida non un abbattimento in modo da poterlo trasformare in un "sì"».
«Se dovessi scegliere un colore sul tema sceglierei il rosso ma non il rosso del sangue che è banale. Sceglierei il rosso del nasino da pagliaccio che indossiamo alla fine dello spettacolo che non è il rosso del sangue ma del sorriso» conclude Michele.
Bhe, viva il rosso e il sorriso di chi continua a sorridere anche se si è visto precipitare nelle voragini della vita.
Marsjola Gjereji