Sabato, 11 Gennaio 2014 10:25

Testimonianza di Leonardo Torelli

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PRIMO GIORNO DI SCUOLA

Davanti a quell’edificio mi sentivo piccolo, inadeguato. Esso era grande, color ocra, io invece ero solo un ragazzo appena uscito dalle medie. Poi sono entrato: tutto mi sembrava così serio, importante, sembrava un luogo “da adulti” ed io non mi sentivo per niente un adulto di fronte all’immenso atrio che mi apparve all’ingresso.
Da quel luogo così arioso, così stupendamente maestoso, i bidelli ci accompagnarono in aula magna. Già quest’attributo, magna, ricorda un certo Alessandro comandante dalla personalità forte, gagliarda e imponente. La sala era proprio così: appena entrato mi apparve una distesa immensa di sedie rosse, sgualcite dal tempo, di quelle che si piegano su e giù, come al cinema. Mi sentivo sempre più piccolo e imbarazzato, mi domandavo continuamente se sarei stato all’altezza di quel luogo così importante. Dopo un breve discorso, i professori ci condussero nelle nostre aule. Salendo le scale scrutavo attento ogni dettaglio. L’edificio era un luogo molto intricato: camminando osservai l’interno di tantissime stanze, ma vi erano anche spazi liberi, destinati a chissà quali attività; era attraversato da eterni corridoi e percorribile attraverso scale che sembravano infinite, interrotte da numerosi pianerottoli. Era la rappresentazione della cultura che si esercitava al suo interno, quella cultura che non ero sicuro di poter afferrare, catturare e mettere al sicuro. Ero intimorito da questa complessità: tutto mi sembrava ancora più difficile se, alle preoccupazioni precedenti, si aggiungeva anche il timore di perdermi nei meandri di quell’edificio. Avevo la testa traboccante di pensieri, di paure.


Poi raggiunsi la mia classe. Quando lessi “4BG” sul cartello che affiancava la porta aperta, guardai subito oltre la soglia e mi precipitai  all’interno. L’aula, per fortuna, era ridimensionata rispetto al resto dell’edificio: accoglieva un armadio grigio, una ventina di banchi e alcune cartine appese ai muri. Le pareti erano piuttosto spoglie. Fu questa semplicità che contribuì a restituirmi la calma: in mezzo a tutte quelle scale, quei corridoi, quei pianerottoli, finalmente c’era un angolino calmo, quieto. Nella stanza, la luce che arrivava da quattro enormi vetrate, si rifletteva sui banchi, tutti uguali, tutti dello stesso colore verde. Poi c’era il pavimento: nel suo vestito marmoreo mi trasmetteva la stessa sensazione di inadeguatezza che avevo provato all’entrata, ma pensai che il pavimento non era affatto maestoso, perché era stato costruito per essere calpestato e così mi tranquillizzai.
Adesso, a distanza di pochi mesi, sento miei tutti gli ambienti che ho descritto; sento di appartenere a questo liceo e sento che esso mi appartiene. Forse ho capito che la cultura è dominabile, è afferrabile, che la si può comprendere e farla propria. Ora, tutte le volte che metto piede nell’atrio, sono calmo, rilassato. Potrei venire a scuola in pantofole, dal momento che qui mi sento come a casa.      

Leonardo Torelli, IV B G                                                                                                       11/5/2012   

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